Stiamo vivendo una realtà in cui l’isolamento forzato è diventato parte della nostra quotidianità. Le nostre case sono state vissute come delle gabbie, ma per molti di noi sono anche un luogo sicuro, in cui stare al riparo dalle minacce del mondo esterno e dalle angosce legate al virus.  Purtroppo non per tutti è così: per le molte donne che vivono con terrore la convivenza forzata con i propri partner violenti. 

La violenza contro le donne è una delle forme più gravi e diffuse di violenza, sia in termini di conseguenze materiali che di salute che per i costi sociali di questo fenomeno. L’OMS (WHO, 2013) sottolinea come rappresenti un fenomeno di salute pubblica che colpisce un terzo di tutte le donne. La violenza è la prima causa di morte delle donne tra i 16 e i 44 anni, più delle malattie e degli incidenti stradali ( Krug, Dahlberg, Mercy, Zwi, Lozano, 2002). È trasversale e democratica, non fa distinzioni, può colpire tutte le donne.

Il lockdown ha portato a un aumento della violenza sulle donne e reso più difficile il lavoro dei centri che le tutelano. Secondo il rapporto di ActionAid sul sistema antiviolenza in Italia, le richieste di aiuto al numero antiviolenza 1522 tra marzo e giugno 2020 sono state + 119,6%. La pandemia ha però reso complicato per le donne chiedere aiuto e uscire dalle mura domestiche, e ai centri antiviolenza poter avere le risorse per adeguarsi velocemente alla situazione e continuare a operare.

LA VIOLENZA DOMESTICA

In letteratura si usa il termine di violenza domestica per indicare ogni forma di violenza agita all’interno di una relazione intima, presente o passata.  In questa definizione sono incluse tutte quelle azioni lesive che non comportano necessariamente danni fisici, ma anche psicologici, che possono essere esercitate all’interno delle coppie di fatto o da parte di ex partner. Il fenomeno esce dai confini della casa e dell’ambito domestico, per comprendere tutte le forme di violenza nelle relazioni intime, all’interno delle coppie, presenti o passate, conviventi o non conviventi. Nel mondo anglosassone è utilizzato il termine INTIMATE PARTNER VIOLENCE, che esprime bene il concetto della violenza agita nei confronti del partner intimo. La Convenzione di Istanbul definisce la violenza nei confronti delle donne come ogni forma di “discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata”. Per violenza domestica si intendono tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica, economica, che si verificano all’interno della famiglia, del nucleo familiare, tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima.

Il NUMERO OSCURO

Sebbene la stima reale rimanga incerta, poiché si tratta di un fenomeno ampiamente sommerso, i dati numerici sono comunque impressionanti. In Italia, ad esempio, le statistiche Istat (2014) mostrano che il 31,5% (circa 7 milioni) di tutte le donne italiane ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessualeE le forme più gravi di violenza sono esercitate proprio da partner, parenti o amici.  I maltrattamenti sono tra i reati con il più alto numero oscuro (Alvazzi Del Frate, Zveick, Dijik van, 1993), cioè percentuale di casi non conosciuti alle autorità giudiziarie. Le vittime non denunciano le violenze subite perché provano vergogna, si sentono in colpa, hanno paura,temono ripercussioni, hanno sfiducia nelle autorità e nella possibilità di essere aiutate o perché ritengono che quanto accaduto sia una questione privata da tenere nascosta.

LE FORME DELLA VIOLENZA 

Il fenomeno della violenza nelle relazioni intime è caratterizzato da una serie distinta di azioni fisiche, sessuali, di coercizione economica e psicologica all’interno di una relazione intima. Si tratta di una serie di comportamenti e atteggiamenti che comportano nel breve o nel lungo periodo un danno di natura sia fisica che psicologica esistenziale. La violenza psicologica comprende tutti quegli atteggiamenti intimidatori, vessatori, minacciosi, denigratori da parte del partner nonché le tattiche di isolamento messe in atto che erodono  la rete sociale e la possibilità della donna di trovare supporto. I ricatti, le umiliazioni, le ridicolizzazioni, le svalutazioni continue, le deprivazioni, l’isolamento, le limitazioni della libertà di espressione possono avere conseguenze sul piano psicologico portando le donne che sono esposte a questo tipo di maltrattamento a perdere completamente la stima di sé. Frequentemente la vittima tende a colpevolizzarsi, sentendosi responsabile per ciò che avviene, anche perché è ciò che l’abusante l’ha portata a credere. Nei casi più gravi la violenza psicologica può condurre a disturbi psicologici, abuso di sostanze alcoliche o stupefacenti, alla depressione o al suicidio. (Campbell, 2004). 

La violenza fisica comprende ogni azione volta a far male o a spaventare la vittima e nella maggior parte dei casi procura lesioni.  La violenza fisica non riguarda però esclusivamente i comportamenti che fisicamente ledono, ma ogni contatto fisico agito per spaventare o portare la donna in uno stato di soggezione e controllo da parte dell’abusante.

La violenza economica riflette una serie di atteggiamenti che mirano essenzialmente a impedire che la donna possa diventare economicamente indipendente, al fine di poter esercitare su di lei un controllo indiretto, ma molto efficace, impedendole di essere libera e autonoma, costringendola in una condizione di dipendenza.

Per violenza sessuale si intendono tutti gli atteggiamenti legati alla sfera sessuale, quali le molestie sessuali e l’aggressione sessuale agita con minaccia, costrizione ad agire comportamenti sessuali non desiderati.

Lo stalking è un insieme di comportamenti volti a controllare la vittima e limitare la libertà della persona messi in atto dal partner o dall’ex partner e assume vere e proprie forme di persecuzione. Questi comportamenti di carattere ossessivo e persecutorio (pedinare, seguire, tentare insistentemente di comunicare con sms, posta, messaggi, biglietti, regali, spiare, sorvegliare…), sono continuativi nel tempo e suscitano ansia e paura nella vittima al punto da portarla a modificare le proprie abitudini di vita.

Affinché si riconosca il legittimo diritto di chiedere aiuto e intervenire appare sempre più importante identificare chiaramente e riconoscere le forme della violenza, soprattutto alla luce della difficile percezione dell’illegittimità di alcuni comportamenti violenti, specialmente se compiuti all’interno delle mura domestiche o nelle relazioni affettive.

LE CONSEGUENZE DELLA VIOLENZA DOMESTICA

La conseguenza estrema della violenza domestica è il femminicidio. Non tutti casi di violenza conducono a quest’esito ma quasi tutti i casi di femminicidio sono iniziati con altre forme di violenza psicologica o fisica. L’esperienza continuativa di questo tipo di violenza all’interno di una relazione intima può avere conseguenze importanti sul piano psicologico. In tutte le donne vittime di violenza, infatti, si possono riscontrare effetti psicologici di natura traumatica. Numerose ricerche hanno confermato che depressione e sintomatologia PTSD (Disturbo Post Traumatico da Stress) siano i disturbi psicologici maggiormente associati a IPV (Intimate Partner Violence), mostrando inoltre una frequente comorbidità (circa il 40% delle donne che soffrono di PTSD hanno ricevuto anche una diagnosi di disturbo depressivo maggiore)(Campbell,2002; Golding, 1999). Sintomi ansiosi, disturbi del comportamento alimentare, dipendenza da alcol e sostanze, comportamenti a rischio, sintomi depressivi, fino ai comportamenti autolesivi, suicidari o parasuicidari. Queste sono alcune delle possibili conseguenze, ma sicuramente tutte le donne arrivano a sperimentare bassa autostima, senso di impotenza e incapacità e un alto livello di allarme e paura per la propria vita.

USCIRE DALLA SPIRALE DELLA VIOLENZA

All’interno di una relazione di coppia si crea un vero e proprio incastro di bisogni e desideri che sono reciprocamente proiettati e soddisfatti. Proprio per questo la violenza nella coppia segue una spirale che la porta nel tempo ad autoalimentarsi. La violenza spesso non è percepita come atto lesivo, ma piuttosto in maniera distorta come una manifestazione alterata d’amore, a causa anche della gradualità delle violenze che, pur nell’escalation di gravità e di frequenza degli agiti, porta i partner a normalizzare l’esperienza. La violenza all’interno di una relazione intima non inizia subito nelle sue forme più gravi e lesive, ma spesso nasce subdolamente con modalità verbali e psicologiche volte a indebolire la vittima e renderla più vulnerabile, dipendente, maggiormente manipolabile e aggredibile. Riconoscere i segnali di allarme e chiedere aiuto diventano quindi un elemento di prevenzione e di intervento cruciale.  Una donna che subisce violenza da parte del suo partner, essendo invischiata nella relazione, spesso non ha la percezione di essere vittima e resta in uno stato di terrore continuo tale da non poter reagire, ribellarsi e sottrarsi (Baldry, 2003). La spirale della violenza che prende forma nelle relazioni affettive si caratterizza inizialmente con violenze di tipo emotivo e psicologico meno evidenti che portano l’uomo che le perpetra ad esercitare un controllo che annienta gradualmente la vittima, rendendola incapace di reagire.  Spesso queste forme di violenza sono giustificate come espressioni di amore eccessivo e iniziano sotto forma d’intimidazioni, controllo, gelosia eccessiva, ricatti, isolamento, svalutazioni, lento instillamento di un senso d’inferiorità e inadeguatezza. Anche quando le donne si rendono conto di vivere in una relazione violenta, spesso prevale la tendenza a colpevolizzarsi o a salvaguardare il rapporto e la famiglia. 

La via d’uscita esiste. Il primo passo consiste nel trovare la forza di raccontare la propria storia, cercando un primo contatto che, grazie all’ascolto accogliente e non giudicante, possa accompagnare nel percorso di uscita dalla violenza, fornendo un supporto che si declina in tanti modi, dalla messa in protezione al sostegno psicologico, dall’assistenza legale e lavorativa all’aiuto alla maternità.

Dott.ssa Anna Maria Gioia, Psicologa-Psicoterapeuta, responsabile dello Sportello Antiviolenza del Centro Amaltea

References:

ActionAid (2020) https://www.actionaid.it/informati/notizie/violenza-rafforzare-1522

Alvazzi del frate A.U., Zvekic J., Van Dijik J.M. (1993) ( a cura di) Understanding Crime, Experiences of Crime and crime Control”, Acts of the International Conference, Roa, Pubblication 49, Rome Unicri.

Baldry A., Roia F. (2006), Dai maltrattamenti all’omicidio. La valutazione del rischio di recidiva e dell’uxoricidio, FrancoAngeli.

Campbell J.C. (2002), Health consequences of intimate partner violence, The Lancet, n. 359, pp. 1331-6

Campbell J.C. (2004), “Helping women understand their risk in situationof intimate partner violence”, Journal of Interpersonal Violence, 19, 1464-1467.

Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, Istanbul, 11 maggio 2011

Golding, J.M. (1999), Intimate Partner Violence as a Risk Factor for Mental Disorders: A Meta-Analysis. Journal of Family Violence 14, 99–132.

Istat (2014),  Il numero delle vittime e le forme della violenza

Krug e.G., Dahlberg L.L., Mercy J.A., Zwi a.G., Lozano R. ( a cura di) (2002), Word report on violence and health, Geneva, Word Health Organization.

WHO (2013), Global and regional estimates of violence against women.